Ambientazione
XII secolo, Sol Levante. La guerra Genpei si è appena conclusa e i clan nobiliari sembrano aver accettato il dominio dei Minamoto. Un’intera epoca è al tramonto, e si inizia ad intravedere un’alba di gloriosi samurai. Dopo esserti sporcato le mani in sanguinose battaglie, credi di meritare un po’ di riposo. Ma il potere militare è instabile e i clan ti ordinano di attaccare il palazzo dello shogun, dove dovrei farti strada con forza e furtività tra le guardie. Affila il tuo kodachi e preparati all’assalto!
Regole in breve
In Kodachi ciascun giocatore riceve un mazzetto di carte numerate dal quale estrarrà ogni turno una mano di 5 carte che dovrà usare per condurre un assalto al palazzo.
Al grido di “banzai!” si estraggono le carte in cima al mazzo delle guardie e a quello del palazzo: la prima rappresenterà la guardia da sconfiggere, la seconda la ricompensa da riscattare. Dopo la prima estrazione, il giocatore di turno decide se condurre un assalto usando la Forza oppure la Furtività: dovrà cioè scartare una carta dalla propria mano il cui valore sia rispettivamente superiore o inferiore (ma mai uguale) al valore della guardia estratta. Una volta sconfitta la guardia, ci si può fermare oppure proseguire l’assalto, ma non sarà possibile cambiare stile di combattimento finché il giocatore non deciderà di fermarsi e riscuotere le ricompense delle guardie (lasciandone una a terra): si estrae quindi una nuova coppia di carte guardia-palazzo, e si ripete il procedimento. Se il giocatore si trova davanti a una guardia che non può sconfiggere, il suo assalto è fallimentare e perderà tutte le ricompense accumulate, che saranno raccolte dagli altri giocatori.
Con le ricompense accumulate è possibile comprare le carte palazzo rivelate durante il turno: possono farlo sia il giocatore di turno che abbia concluso con successo l’assalto, sia, in senso orario, gli altri giocatori che abbiano deciso di non raccogliere le ricompense rimaste a terra. Le carte palazzo così acquistate andranno aggiunte alla mano e infoltiranno le fila del mazzo del giocatore, aiutandolo in battaglia e/o garantendogli punti vittoria. Tra queste carte ci sono anche i dignitari, il cui acquisto permette di ottenere un emblema del clan corrispondente, che fornirà ulteriori punti.
Alla fine del turno, dopo aver acquistato le carte, il giocatore può ottimizzare la propria mano, scartando carte e pescandone fino ad averne cinque.
La partita termina quando tutti i 9 emblemi sono stati riscossi o quando un giocatore ne ha ottenuti 4. Si sommano i punti ottenuti tramite gli emblemi e le carte. Chi avrà totalizzato la somma più alta vincerà!
Impressioni
Kodachi è un filler che non attira molto l’attenzione nel vasto panorama del suo genere. Ha una scatolina modesta che contiene qualche gettone di cartone e dei mazzetti di carte, queste ultime con un retro dal progetto grafico che è più vecchio che vintage. Tuttavia, superata la prima impressione, è impossibile non notarne i pregi anche più superficiali, come le illustrazioni di Drew Baker (Star Wars, Legend of the Five Rings) o il regolamento asciutto e agevole, o ancora il prezzo più che accessibile.
Ma il vero punto di forza di Kodachi sono le sue meccaniche perfettamente combinate. Parliamo di deck-building, push-your-luck e gestione risorse: tutti elementi familiari che convergono senza forzature in un gioco dal flusso incalzante che sembra qualcosa di assolutamente inedito.
Già al primo turno si riesce ad acquisire familiarità con le strategie che possono essere approntate per ottimizzare il potenziale della mano di carte che si ha a disposizione. E sebbene la ripida curva di apprendimento e le meccaniche ripetitive, il gioco non stanca, perché ogni turno è diverso dagli altri grazie alla combinazione (quasi) imprevedibile di carte che verranno estratte. Le carte palazzo poi fanno molta gola, e a volte si vorrebbe trovare proprio quella risorsa in più che mancherebbe per acquistare una carta potente, e irrimediabilmente si finisce per “sballare” e dover rinunciare a tutto. Dopo qualche partita si comincerà ad imparare quali mani vale la pena giocare e quali invece è meglio risistemare.
Nonostante l’interazione tra giocatori sia tutta indiretta, il gioco è coinvolgente e i turni degli avversari possono diventare occasioni ghiotte: si spera sempre che l’audacia degli altri sia più grande di quello che possono permettersi.
Dulcis in fundo, ha una scalabilità che pochissimi titoli possono vantare: funziona benissimo a qualsiasi player count, anche se forse in 4 qualche giocatore impaziente potrebbe soffrire i tempi morti in attesa del suo turno.
Difetti? Mi piace pensare che non ne abbia, ma purtroppo qualcosina in più si poteva fare. A livello di produzione, ho già citato il progetto grafico, troppo old school, e una scatola così compatta che è impossibile tenervi le carte imbustate (il che è un problema, vista la frequenza con cui vanno mescolate). Potrebbe essere un neo anche la durata, che in alcune partite si protrae oltre i 45 minuti, superando i tempi del filler.
Ma se si riesce a chiudere un occhio su queste grinze, si ha davanti un gioco potenzialmente immortale, facile da insegnare, adattato a molteplici situazioni, economico ed estremamente portatile, e soprattutto in grado di esplorare livelli di profondità che potrebbero soddisfare anche i giocatori più incalliti.